Da stasera martedì 22 gennaio a domenica 27, al Teatro della Cooperativa di Milano è in scena La Nave Fantasma, di e con Renato Sarti e Bebo Storti, Premio Gassman / Città di Lanciano 2005 – Miglior testo italiano.
Uno spettacolo eccezionale. La capacità di coinvolgere il pubblico, varcandone la soglia della coscienza, facendolo ridere, e mentre ride “crassamente”, di insinuargli dubbi e lacrime, ma più di tutto informazione, conoscenza, analisi. Cui prestare attenzione. E riflessioni profonde.
“Una storia, per quanto tragica, che in 8 scene – un rischio altissimo che ci siamo accollati – abbiamo trattato con comicità e con scene schiettamente ciniche rispetto al tema in questione. La strada presa, dal punto di vista registico, è stata quella del cabaret tragico, cioè di trasformare la vicenda in una sorta di opera buffa. Improvvisazione, rapporto con il pubblico, coinvolgimento dello stesso, la maschera, il trasformismo, la clownerie […] Abbiamo intrapreso questa strada perché ci sembrava che si prestasse, come grande assurdo, a sbeffeggiare quella “coscienza nera” di cui il nostro Paese non riesce a liberarsi, quel che di xenofo e razzista che ha ancora il nostro popolo.” Renato Sarti durante un’intervista radiofonica
Tutto potrebbe partire o ricondurre alla Legge Bossi-Fini, forse una delle Leggi peggiori che siano state fatte in materia di immigrazione, che rende di fatto impossibile l’ingresso regolare in Italia, costringendo migliaia di persone alla clandestinità; come potrebbe muovere o ricondurre anche alla Legge Napolitano–Turco, fautrice dei famigerati CPT, Centri di Permanenza Temporanea. Tutto muove, come consuetudine del teatro e del pensiero di Renato Sarti, prima di tutto dagli uomini e dal loro essere cittadini del mondo, e dall’analisi sociale. Sempre attenta, sempre acuta.
Questo spettacolo racconta la tragedia di Portopalo di Capopassero. Il 25 dicembre 1996 il nostro Paese vive una delle più grandi tragedie mai conosciute: 283 migranti proventi da India, Pakistan e Sri Lanka muoiono mentre tentano di raggiungere l’Italia, nel tratto di mare tra la Sicilia e Malta. Hanno pagato 5.000 dollari a testa per quel viaggio terrificante durato tre mesi. Su una “nave fantasma”. Perché, nonostante le testimonianze di alcuni superstiti, le autorità italiane per mesi non hanno creduto al naufragio. Nei giorni successivi alcuni pescatori di Portopalo di Capo Passero, un piccolo paese all’estremo lembo meridionale della Sicilia, nelle reti della pesca a strascico trovano decine di cadaveri che hanno ributtato in mare, per paura di conseguenze per la loro attività. I massmedia ignorano completamente la vicenda, tranne alcune – troppo poche – eccezioni, come se quella nave, quegli esseri umani che cercavano una vita migliore nel nostro paese, non fossero mai esistiti. Solo dopo cinque anni da quella tragica data, grazie all’inchiesta di Giovanni Maria Bellu, giornalista del quotidiano La Repubblica si è potuto sapere che questo naufragio era realmente avvenuto. L’inchiesta di Bellu parte dalla testimonianza di un coraggioso pescatore del piccolo paese di Portopalo. Solo nel giugno del 2001 il mondo ha potuto sapere la verità grazie alle immagini agghiaccianti del relitto, filmato da un mezzo sottomarino.
Una vicenda che in molti volevano dimenticare. Dopo 7 anni dal naufragio i responsabili della strage erano ancora impuniti, i 283 corpi giacciono ancora sul fondo del Mediterraneo senza identità: nessun governo si è occupato di recuperarli e identificarli. Nell’ottobre del 2003 inizia il il processo, che accusa un pakistano e un libanese, tra estradizioni, ordinanze del Tribunale in contrasto con le richieste dei PM, liberazioni improvvise, negazioni di nuove estradizioni e altre anomalie. La prima condanna è del 2008 e il processo d’appello del 2009, dopo 12 anni dalla tragedia.
La Nave Fantasma, spettacolo scritto dal giornalista Giovanni Maria Bellu, Renato Sarti e Bebo Storti, non solo ricostruisce veritieramente, e con acume di indagine e riflessione, la vicenda, ma è una sintesi, splendida e drammatica al tempo stesso, della vasta problematica connessa al tema dell’immigrazione: la disperazione dei migranti, il silenzio delle autorità e dei mass media, la ferocia dei trafficanti di esseri umani, la terribile indifferenza e le invincibili e ataviche (o moderne?) paure della nostra società. Basato su una rigorosa cronaca degli eventi – tradotta sulla scena attraverso i racconti dei protagonisti, con l’ausilio di materiali e disegni realizzati appositamente da Emanuele Luzzati, lancia anche segnali e riflessioni sugli italiani… dal 1865 al 1960 gli Italiani che lasciarono il nostro paese sono stati circa 24 milioni. Si trovarono nelle stesse condizioni dei disperati che oggi sbarcano, se non annegano prima, sulle nostre coste. Eppure sembrerebbe che insieme al relitto della “nave fantasma”, in fondo al mare, sia finita anche la nostra memoria.
Dal 1996 ad oggi – l’informazione risale al novembre 2012 – sono 6.448 i migranti annegati nel solo canale di Sicilia, nel disperato tentativo di raggiungere il nostro paese, cercando di mettersi alle spalle guerre, povertà, carestie, violenze. Disposti a rischiare una vita che nel proprio paese d’origine, a volte, non vale nulla. L’Italia, l’Europa, mete da raggiungere a qualsiasi costo, con in tasca il sogno di una vita degna di essere vissuta.
Uno spettacolo da vedere, assolutamente. Un regista e due interpreti eccezionali che spalancano (e non solo in questo spettacolo) un orizzonte nuovo, un punto di vista al quale non si giunge da soli e il Teatro cattura, quel punto di vista e capacità di porgerlo, che prende forma nella critica sociale, graffiante e incisiva, che sposta il “fuoco” (e le parole) del discorso e la visione delle cose.
Federicapaola Capecchi
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